La culla delle Costituzioni
moderne è l’Inghilterra: qui, infatti, vennero promulgate la prime Carte dei Diritti, documenti scritti che
limitavano il potere del sovrano e fissavano in modo solenne le libertà e i
diritti dei sudditi. La prima fu la Magna Charta Libertatum del 1215, seguita dall’ Habeas Corpus Act, del 1679, e dal Bill of Rights, del 1689, che sono
ancora oggi alla base della Costituzione (non scritta) Inglese.
La prima Costituzione scritta in
un unico documento è quella degli Stati Uniti d’America, del 1787, che, per la
prima volta, stabilisce la divisione dei tre poteri dello Stato (legislativo, esecutivo e giudiziario),
secondo i principi enunciati dal filosofo francese Montesquieu nella sua opera
“Lo spirito delle Leggi”, e che è alla base di ogni sistema democratico
moderno.
Nell’ 800, sotto la spinta
rivoluzionaria, si ebbero Costituzioni “liberali”, che, però, non erano votate
dai sudditi ma concesse dai sovrani, e dunque basate sul principio che tutto il
potere appartiene al re, il quale, con un atto di benevolenza, decide di
riconoscere ai sudditi alcuni diritti.
E’ questo anche il caso dello Statuto Albertino, la prima
Costituzione concessa dal Re Carlo Alberto di Savoia al Regno di Sardegna e
divenuto, poi, dal 1861, la
Costituzione del Regno d’Italia, fino al 1948. Infatti, il 2
giugno 1946, il popolo italiano, a suffragio universale (votarono, cioè, tutti
i cittadini maggiorenni, comprese, per la prima volta, le donne) scelse,
attraverso il Referendum Istituzionale,
che l’Italia diventasse una Repubblica ed elesse, contemporaneamente, l’Assemblea Costituente, che, dopo circa
un anno e mezzo di lavori, approvò la Costituzione della Repubblica Italiana, che entrò
in vigore il 1° gennaio 1948.