Finalmente,
insomma, era nata la tragedia come ancora oggi la conosciamo. Non più i lunghi
racconti epici degli aedi (epòmai in greco è raccontare), ma conflitto
tra due personaggi che non narrano niente né contemplano qualcosa ma agiscono,
fanno vivere un evento che è visto (teatro deriva dal verbo greco theàomai,
vedere), nel quale eroi umani pongono domande sui perché dell’essere e lottano
contro divinità e destini incomprensibili e indifferenti alla sofferenza del
peregrinare dell’uomo. Il resto si sviluppa con facilità da queste premesse.
Sofocle (496 –
[1] Opere pervenute: Aiace,
Antigone, Edipo re, Elettra, Filottete, Trachinie, Edipo a Colono e
numerosi frammenti di un dramma satiresco, I segugi.
A Sofocle si devono
importanti innovazioni: l’aumento del numero degli attori (da due a tre) e del
numero dei componenti del coro (da dodici a quindici), e l’introduzione di una
forma semplice di scenografia, un fondale che rappresentasse un paesaggio (un
palazzo o l’entrata di una grotta). Il tragediografo non era dunque un semplice
letterato, ma un uomo di teatro a tutti gli effetti: conosceva le tecniche di
recitazione e i problemi relativi alla regia in un teatro che aveva una scena
estremamente spoglia e che lasciava alla “scenografia verbale” il compito di
rappresentare l’invisibile. Sofocle è l’autore di Edipo re, considerata
dagli antichi la tragedia per eccellenza. Edipo scopre, in un crescendo
drammatico, di avere involontariamente ucciso il proprio padre e sposato la
propria madre e, mentre la madre – moglie Giocasta si uccide, egli si acceca.
Alla stessa catena mitica appartiene anche Antigone, destinata ad avere
una straordinaria fortuna: la giovane figlia di Edipo sacrifica la propria vita
pur di seppellire suo fratello Polinice, morto in battaglia ma considerato un
traditore.
Sofocle, meno
impulsivo e più riflessivo di Eschilo, non riesce a scorgere nell’esistenza
dell’uomo se non miserie e orrori ingiustificati. Nel mondo di Sofocle non
esiste né Dike (Giustizia) né Catarsi (Purificazione). Per
Sofocle la libertà del volere umano non è che illusione; la vita dell’uomo,
trastullo degli dei, si risolve in avventura miseranda e vana, nata dalla
tenebra e tornante alla tenebra. Nel mondo di Sofocle non v’è annuncio né
promessa di luce. La vita è tutta nera. Sola consolatrice, l’arte; sola
catarsi, quella del poeta, che da millenni tramanda l’intatta espressione
dell’uguale, eterno dolore umano.