UNA
BREVISSIMA STORIA DEL TEATRO
Perché il teatro è importante dal momento che forma la mente degli uomini
in maniera tale che qualsiasi cosa essi vedano sul palcoscenico
ne faranno la prova nel mondo, che non è che un palcoscenico più grande.
Così G. B. Shaw ne’ La dama bruna dei sonetti
faceva dire al suo Shakespeare.
Già. Ciò che si vede sul palcoscenico di un teatro è
specchio della realtà. O ne è anticipazione. O negazione. O realtà assai più
che la quotidiana contingenza. O tutto questo
e altro ancora.
E’ sogno? Forse, se per sogno si intende ciò che
pensava nel II secolo d.C. Artemidoro di Daldi nella sua Interpretazione dei
sogni: il sogno, in greco tòn onéiron, è “l’essere che parla, che si
manifesta”[1].
E quanti sogni nella storia del teatro, talora, anzi
spesso, premonitori e, sempre, rivelatori del “reale”, della verità
dell’essere.
E in questo continuo rivelare nel nascondimento della
maschera, della “persona” (secondo l’etimo etrusco), è la vita, l’essenza
stessa del teatro e dell’accadimento scenico, in tutta la sua storia.
Storia che, per quel che riguarda la civiltà di cui
siamo figli e espressione, quella “occidentale”, è lunga venticinque secoli e
che inizia e si rinnova quando l’uomo guarda intorno e dentro a sé, si
interroga, cerca di darsi risposte che lo portino ad uscire dalle diverse
“società chiuse” (prendendo in prestito l’analisi di Popper[2]), in
cui l’uomo avverte il mondo come una grande macchina su cui egli non ha nessun
immaginabile potere, per costituire nuove “società aperte”, nelle quali è
l’essere umano l’artefice del proprio esistere.
Sì, perché non si può probabilmente parlare di un
unico momento, nella storia dell’uomo, in cui questi prende coscienza di sé e
della sua responsabilità nel proprio continuo divenire. No, di “società chiusa”
si può, e forse si deve, parlare ogniqualvolta questa, nel sopore determinato
da abitudini, usi, consuetudini, convenzioni, regole fatalisticamente o
supinamente e acriticamente accettate, rischia di adagiarsi e di esimersi
dall’individuare la propria responsabilità nella costruzione dell’esistenza; ogni
volta che delega a qualcuno o qualcosa, fideisticamente, il proprio destino e,
prima ancora, il determinarsi del suo quotidiano cammino.
“Una storia del teatro che sia seria ed esauriente al
tempo stesso è francamente impossibile. Il teatro copre duemilacinquecento anni
di storia documentata, si articola nella storia della letteratura drammatica e
in quella dello spettacolo, che a sua volta ha per oggetto l’edificio teatrale,
la scenografia, la regia, l’attore, e il burattino o la marionetta: riguarda civiltà
estremamente diverse quali la nostra cosiddetta occidentale e quella
dell’estremo oriente; nel solo ambito della nostra tradizione culturale essa si
esprime in almeno venti lingue importanti e diverse, che vanno dal greco antico
e dal latino a tutte le lingue nazionali parlate oggi in Europa e nelle
Americhe, per non far cenno delle lingue regionali nelle nazioni più ricche di
vicende, o delle nazioni e dei teatri emergenti che alla nostra tradizione si
rifanno. Nessuno può pretendere di coprire questo impressionante arco di
conoscenze necessarie, e nessuno è mai stato in grado di raccogliere a questo
scopo un’équipe adeguata.
Pertanto, raccontare una storia del teatro non può
significare altro che tracciare un plausibile itinerario che dalle prime manifestazioni
dell’evento teatrale nella nostra civiltà ci conduca fino al teatro dei giorni
nostri, collegando insieme quei momenti, quegli eventi, quei movimenti, quei
nomi che in qualche modo hanno lasciato una traccia e hanno contribuito in
misura più evidente a fare del nostro teatro quello che è. Senza badare a tutto
ciò che – così facendo – si è trascurato: o per non complicare troppo il
racconto, o semplicemente perché non se ne sa abbastanza.”
Così si esprime Luigi Lunari, uno dei massimi esperti
di Storia del Teatro contemporanei, nella sua Nota introduttiva a “Breve storia
del teatro”5.
Il breve racconto della storia del teatro della
nostra tradizione culturale (cioè quello che nasce in Grecia, sembra morire con
la decadenza di Roma, rinasce nel Medioevo e vede poi la grande fioritura dei
teatri nazionali, in Europa e poi nelle Americhe) che seguirà, pertanto, non
potrà essere che estremamente sintetico e, necessariamente, incompleto.