sabato 17 ottobre 2020

APPROFONDIMENTI LETTERARI 3^ - Storia del Teatro: Sofocle

 

Finalmente, insomma, era nata la tragedia come ancora oggi la conosciamo. Non più i lunghi racconti epici degli aedi (epòmai in greco è raccontare), ma conflitto tra due personaggi che non narrano niente né contemplano qualcosa ma agiscono, fanno vivere un evento che è visto (teatro deriva dal verbo greco theàomai, vedere), nel quale eroi umani pongono domande sui perché dell’essere e lottano contro divinità e destini incomprensibili e indifferenti alla sofferenza del peregrinare dell’uomo. Il resto si sviluppa con facilità da queste premesse. Sofocle (496 – 405 a. C.,del quale anche ci sono giunte sette opere complete più numerosi frammenti di altre[1]), sempre secondo Aristotele, introdusse il terzo attore.



[1] Opere pervenute: Aiace, Antigone, Edipo re, Elettra, Filottete, Trachinie, Edipo a Colono e numerosi frammenti di un dramma satiresco, I segugi.

 

A Sofocle si devono importanti innovazioni: l’aumento del numero degli attori (da due a tre) e del numero dei componenti del coro (da dodici a quindici), e l’introduzione di una forma semplice di scenografia, un fondale che rappresentasse un paesaggio (un palazzo o l’entrata di una grotta). Il tragediografo non era dunque un semplice letterato, ma un uomo di teatro a tutti gli effetti: conosceva le tecniche di recitazione e i problemi relativi alla regia in un teatro che aveva una scena estremamente spoglia e che lasciava alla “scenografia verbale” il compito di rappresentare l’invisibile. Sofocle è l’autore di Edipo re, considerata dagli antichi la tragedia per eccellenza. Edipo scopre, in un crescendo drammatico, di avere involontariamente ucciso il proprio padre e sposato la propria madre e, mentre la madre – moglie Giocasta si uccide, egli si acceca. Alla stessa catena mitica appartiene anche Antigone, destinata ad avere una straordinaria fortuna: la giovane figlia di Edipo sacrifica la propria vita pur di seppellire suo fratello Polinice, morto in battaglia ma considerato un traditore.

Sofocle, meno impulsivo e più riflessivo di Eschilo, non riesce a scorgere nell’esistenza dell’uomo se non miserie e orrori ingiustificati. Nel mondo di Sofocle non esiste né Dike (Giustizia) né Catarsi (Purificazione). Per Sofocle la libertà del volere umano non è che illusione; la vita dell’uomo, trastullo degli dei, si risolve in avventura miseranda e vana, nata dalla tenebra e tornante alla tenebra. Nel mondo di Sofocle non v’è annuncio né promessa di luce. La vita è tutta nera. Sola consolatrice, l’arte; sola catarsi, quella del poeta, che da millenni tramanda l’intatta espressione dell’uguale, eterno dolore umano.